Se ti capita a volte di voler cambiare un aspetto delle relazioni che ti circondano, come l’aggressività che in genere un collega ci rivolge oppure la difficoltà di capire cosa il nostro partner ci vuole dire, prova ad utilizzare il semplice metodo ideato da Marshall Rosenberg, psicologo statunitense.
Inizia col chiederti come in genere usi muovere delle richieste al tuo interlocutore.
Vai dritto al punto? Per esempio, “Non devi alzare la voce quando parli con me.”
Tergiversi in modo ambiguo e non sei sicuro di spiegarti bene? Per esempio, “Questa situazione potrebbe essere migliorata”, senza specificare bene quale situazione e in che modo può essere migliorata secondo te.
Focalizzi la tua richiesta su ciò che secondo te il tuo interlocutore dovrebbe smettere di fare, piuttosto che su cosa potrebbe fare di diverso? Per esempio, “Non devi più interrompermi quando ti parlo.”
Considera la prima richiesta considerata: “Non devi alzare la voce quando parli con me.” Cosa c’è che ne impedisce probabilmente l’efficacia? Sicuramente chi la riceve si può sentire incastrato in una relazione genitore-bambino. Si può sentire impedito nell’agire liberamente. Si può sentire giudicato. Insomma, la possibilità di riuscita di questa richiesta è molto bassa.
Come fare allora richieste efficaci, specie quando ci sembra di non essere compresi dal nostro interlocutore?
Il modello di Marshall Rosenberg prevede 4 semplici passi da seguire quando facciamo una richiesta all’altro.
Seguendo l’esempio di prima, ecco come può trasformarsi la richiesta “Non devi alzare la voce quando parli con me.”:
Parti dall’osservazione di ciò che è successo: inizia a riportare al tuo interlocutore quale è stata la situazione oggettiva che vorresti cambiare, per esempio dicendogli: “Mario, tornando alla nostra conversazione di ieri, siccome ho notato che mentre parlavamo hai alzato di molto il volume della tua voce rispetto al tuo tono abituale,...”; fin qui, limitandoti a riportare come un cronista quanto è successo, se ti attieni alla realtà dei fatti il tuo interlocutore non ha motivo di interromperti o di prenderla sul personale, perché gli stai riportando un fatto oggettivo.
Condividi i tuoi sentimenti: come ti sei sentito di fronte a quell’episodio e che ti spinge ora a muovere la tua richiesta? “...al tuo tono abituale, ti confesso che in quell’occasione mi sono sentita addolorata,...”; anche qui, tu stai dicendo come ti sei sentito e il tuo interlocutore non può averne da ridire in quanto cosa succede dentro di te appartiene solo a te e, d’altronde, neanche tu puoi governare a piacimento i tuoi sentimenti; inoltre, aprendoti al tuo interlocutore stimolerai la sua empatia perché gli stai parlando di te e solo questo merita il suo rispetto; questo è valido anche a lavoro, luogo spesso arido che lascia poco spazio all’espressione dei sentimenti, ma la cultura aziendale sta maturando anche in questo senso e le organizzazioni si stanno rendendo conto sempre più del valore che possono portare relazioni più “umane” anche sul posto di lavoro.
Condividi i tuoi bisogni: il sentimento di cui al può 2 da quale bisogno insoddisfatto ha tratto origine? In altre parole, se ti sei sentito addolorato, il bisogno insoddisfatto potrebbe essere l’accettazione, l’appartenenza comunitaria, il calore umano, la considerazione, il rispetto,...; quindi continuando con la nostra richiesta positiva, possiamo continuarla così: “...addolorata, perché ho bisogno di rispetto nelle relazioni che mi circondano.”; anche qui, aprendoti al prossimo aumenti la probabilità di stimolare il lui l’empatia necessaria per essere compreso. Inoltre, stando parlando dei tuoi bisogni, anche in questo caso tocchi un aspetto non contestabile dal tuo interlocutore, in quanto i tuoi bisogni ricadono esclusivamente nella tua vita e non lo riguardano; al tempo stesso, intercettando il tuo bisogno stai anche assumendo una maggiore consapevolezza su di te; questo aspetto può sembrare banale ma non capita tutti i giorni di interrogarci sul perché dei sentimenti che proviamo e sui bisogni sottesi.
Muovi una richiesta positiva: solo a questo può puoi chiedere al tuo interlocutore di agire in modo diverso in modo da cambiare la situazione che ti da fastidio; richiesta “positiva” vuol dire che chiedi all’altro di comportarsi diversamente, piuttosto che dirgli di non fare più una certa cosa (in questo caso, infatti, limiteresti la sua libertà); potresti, quindi, concludere dicendo: “...circondano. Perciò ti chiedo, per le prossime volte, di parlarmi con un tono di voce normale.”
Confronta ora una richiesta del genere: “Non devi alzare la voce quando parli con me.” con una richiesta articolata nel seguente modo: “Mario, tornando alla nostra conversazione di ieri, siccome ho notato che mentre parlavamo hai alzato di molto il volume della tua voce rispetto al tuo tono abituale, ti confesso che in quell’occasione mi sono sentita addolorata, perché ho bisogno di rispetto nelle relazioni che mi circondano. Perciò ti chiedo, per le prossime volte, di parlarmi con un tono di voce normale.”
Nel secondo caso, sarà meno probabile che il tuo interlocutore abbia da ridire perché inizi con fatti oggettivi e continui parlando di te. Aprendoti al prossimo stimolerai la sua empatia e comprensione, che agevolerà poi l’accettazione della tua richiesta che muovi nell’ultima fase.
Ora non ti resta che provare 1 volta sola questa semplice tecnica in 4 step, e vedere se funziona, magari anche integrandola con alcune buone domande tipiche del coaching che puoi porre al tuo interlocutore.
Ogni grande cambiamento inizia infatti da un piccolo passo.
Non aspettare, inizia oggi stesso ad applicare questo metodo per una richiesta che ti riguarda.
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